Quando si pensa all’apparato locomotore, ossia muscolo-scheletrico, si deve ricordare che ha la funzione di proteggere ma anche muovere l’intero organismo.
Queste due funzioni, quasi opposte, sono possibili grazie alle caratteristiche dell’apparato: resistenza e flessibilità.
Grazie ad esso è possibile svolgere le attività che compiamo tutti i giorni, e per questo è fondamentale mantenerlo nel migliore dei modi possibile. Ha anche un'altra fondamentale caratteristica: l’adattabilità.
I sistemi muscolari e scheletrici sono in continua crescita e rimodellamento, anche quando si diventa adulti.
La loro capacità di adattarsi è fondamentale per l’attività.Queste tre caratteristiche, però, quando non sono ben bilanciate possono portare a sviluppare dolori.
Quali sono i dolori muscolo-scheletrici più comuni?
Si possono distinguere i disturbi in cronici e acuti, a seconda della durata: un dolore acuto si risolve in non più di 6 settimane, dopo si considera cronico.
Tra i più comuni si trovano:
- cervicalgia
- dorsalgia
- lombalgia
- sciatalgia
- dolore vertebrale, costale o intercostale
- dolori da traumi sportivi o incidenti stradali, tra cui i colpi di frusta
- ernia discale
- tendinite
- tallonite
- contratture
- artrosi.
Nel ventunesimo secolo la vita di molte persone è sempre più sedentaria. Si trova meno tempo per fare sport o attività in generale, si lavora sempre di più con posizioni mantenute, seduti per esempio. A questa mancanza di movimento si potrebbero attribuire la maggior parte dei dolori come cervicalgie, dorsalgie o lombalgie.
Al contrario, invece, tante altre persone si allenano, alcune anche molte volte a settimana.
Queste persone potrebbero essere più predisposte a sviluppare tendiniti o contratture, o altri fastidi muscolari, se non programmano perfettamente il piano di allenamenti, o se sono già predisposti, come nel caso di chi ha già subito in passato lesioni muscolari per esempio.
Inoltre, con l’allungarsi dell’età media e l’attenzione che si presta ora (giustamente) alla qualità della vita, molte più persone hanno cominciato a curarsi dei propri dolori o fastidi legati a problematiche come ernie discali o artrosi.
Cos’è l’osteopatia strutturale?
L’osteopatia strutturale è quella parte dell’osteopatia che si occupa dell’approccio al sistema muscolo-scheletrico.
Sia attraverso tecniche dirette sia altre più delicate e non invasive l’osteopata approccia muscolatura e articolazioni.
L’obiettivo è di ridurre le tensioni a livello muscolare, restituire mobilità alle zone in cui è presente una disfunzione, caratterizzata da ridotta mobilità.
La valutazione osteopatica si basa sul concetto di “disfunzione somatica”, ossia ciò che l’osteopata cerca nella sua osservazione e palpazione.
Essa può essere presente sia a livello locale, ossia dove è presente il dolore (o sintomo in generale) del paziente, sia a distanza. Questa connessione è spiegata dal fatto che non bisogna considerare il corpo per compartimenti stagni, ma ogni punto dell’organismo comunica con tutto il resto.
L’osteopatia ha un altro importantissimo campo di applicazione: la prevenzione.
È importante considerare una cosa: quando si parla di prevenzione si intende sia evitare l’insorgenza del dolore, ma anche evitare il peggioramento di sintomi cronici, per mantenere costante la qualità della vita.
In questo caso la valutazione osteopatica si basa comunque sulla “disfunzione somatica”, ma con l’obiettivo di correggere le riduzioni di mobilità, per evitare che si creino meccanismi di dolore dovuti a questa ipomobilità.
Per esempio, in caso di valgismo al ginocchio si può impostare una routine di trattamenti osteopatici per evitare che insorga dolore al ginocchio o, se già presente, che peggiori o che cominci a diventare dolente magari anche l’anca o la colonna lombare.
L’ambito strutturale dell’osteopatia offre un ventaglio di tecniche sia dirette che più dolci e non invasive che permette all’osteopata di scegliere le tecniche più adeguate al paziente. Tra le controindicazioni relative, ossia da considerare caso per caso, ci sono l’osteoporosi, che esclude l’utilizzo di alcune tecniche, l’origine non muscolo-scheletrica del sintomo, valutata in anamnesi dall’operatore, neoplasie e fratture in fase acuta.